Per quanto tempo?

Ecco cosa scrive Alexander Lowen: “Sono convinto che la terapia sia un viaggio alla scoperta di se stessi. Non è un viaggio breve né facile, e non è privo di dolore e di sofferenza. Vi sono pericoli e rischi: ma la vita stessa non è priva di rischi, perché è essa stessa un viaggio nel futuro ignoto. La terapia ci riporta indietro in un passato dimenticato: ma questo passato non era un periodo tranquillo e sicuro, altrimenti non saremmo emersi pieni di cicatrici dalle battaglie trascorse e chiusi nella corazza dell’autodifesa. Non è una viaggio che consiglierei di fare da soli, anche se sono convinto che alcuni coraggiosi ne abbiamo percorso le tappe senza alcun aiuto. Il terapista funge da guida o da navigatore. Ha imparato a riconoscere i pericoli e sa come affrontarli; è anche un amico che, quando la strada si fa difficile, offrirà sostegno e farà coraggio.

È purtroppo difficile prevedere a priori la durata della terapia, anche se è possibile fare il punto della situazione dopo un certo numero di sedute stabilite. I nostri comportamenti attuali possono dipendere da eventi accaduti durante le prime esperienze di vita, che ci trasciniamo da molto tempo. Come sarebbe possibile liberarci con velocità di quello che ci appartiene da una vita? Le difese che abbiamo costruito ci hanno permesso di sopravvivere ad una serie di difficoltà e liberarcene con rapidità e leggerezza potrebbe portare ad una ricaduta.

Penso che il viaggio alla scoperta di noi stessi non sia mai concluso e che la terapia finisca quando ci si sente nelle condizioni di continuare in autonomia il percorso iniziato insieme.

Lowen diceva ai suoi clienti: “Rimarrà in terapia finché ritiene che valga il tempo, lo sforzo e il denaro che ci investe.

Va bene per me?